Paese e Tradizioni
Origini
Inarsi – Sa bidda beccia
“A Isili un pastore aveva tre figlie: le prime due erano delle ragazzone sane e forti, instancabili lavoratrici, ma la terza, poverina, era gracile e malaticcia, debole e sempre stanca. Soprattutto, però, era fredda, era gelida, scossa anche in piena estate da brividi che l’attraversavano da capo a piedi, come se l’inverno le abitasse dentro e mai l’abbandonasse. La sua anima doveva essere simile a un candido cumulo di neve. Il freddo che l’attanagliava spossandola, e che pure gli altri percepivano standole accanto, le meritò il soprannome di Sa Friorosa, vale a dire La Freddolosa.
Ciò che più tormentava la nostra povera Friorosa era non poter contribuire in alcun modo ai bisogni della famiglia. Qualunque lavoro facesse, non importa quanto piccolo e leggero, la giovane infatti si sentiva subito esausta e doveva fermarsi. È chiaro che, nonostante il gelo palizzante in cui viveva sprofondata, in lei batteva comunque un cuore caldo e malinconico, tanto che perfino si innamorò di un suo lontano cugino. Ma quando un giorno provò a dargli una carezza sul viso, il ragazzo rabbrividì e Friorosa scappò via in preda alla vergogna: vergogna d’essere fatta di ghiaccio.
Finalmente, un bel giorno d’estate, le tre sorelle insieme a questo loro lontano cugino uscirono per una scampagnata. “Andiamo alla chiesetta di San Sebastiano!” propose una delle due sorelle vigorose. Tutti furono d’accordo, compresa Friorosa che però in cuor suo già temeva la lunga camminata che aveva davanti. Il problema è che i quattro non sapevano bene la strada per San Sebastiano e finirono per perdersi nella campagna riarsa dal sole. Dopo ore di giri a vuoto, la prima ad arrendersi fu chiaramente Friorosa che, sfinita, crollò seduta con la schiena poggiata ad un masso di granito: “Andate a cercare un po’ d’acqua” disse agli altri tre, “io vi aspetterò qui”.
Quando Friorosa fu rimasta sola, scoppiò in lacrime: la consapevolezza bruciante della propria inutilità le esplose dentro e si sentì simile al paesaggio desolato che aveva intorno. Al colmo della disperazione, pregò Dio in questo modo: “Se sono ghiaccio, allora scioglimi e fa’ così bere i miei cari”. A Dio l’idea piacque e la esaudì.
Quando le sorelle e il cugino tornarono da lei senza aver trovato neanche una goccia d’acqua, dal masso di granito presso cui era seduta Friorosa adesso sgorgava una fonte straordinariamente fresca, su cui i tre si avventarono in preda alla gioia più folle. Solo dopo aver estinto la sete ardente che li divorava, si accorsero che Friorosa era scomparsa. Cominciarono a chiamarla e a cercarla ovunque, ma di lei più nessuna traccia. Ci volle loro un po’ di tempo per realizzare che di Friorosa, disciolta e tramutata in fonte, si erano in realtà lungamente dissetati.”
L’origine di Isili si perde nell’oscurità dei tempi, ed è impresa assai ardua investigarla: nessun documento accenna la data.
Solo nel gran manoscritto del P. Aleo che si conserva nella biblioteca dell’Università di Cagliari si legge come Isili sia stata edificata dai superstiti della distrutta “Inarsi” (“Bidda Beccia”), che si trova a nord-ovest, a circa 5 Km da Isili, nei limiti del territorio con Nurallao.
È probabile che il nome di Isili sia derivato da “Ilienses”, cosí denominati i popoli che, secondo Pausania, scamparono all’assedio di Troia (1184 anni avanti Cristo circa) e guidati da Enea pervennero in Sardegna per poi unirsi ai Greci, e si stabilirono da Isili verso l’Ogliastra.
Al tempo delle guerre puniche fra nuragici e cartaginesi, Isili rimasse sotto l’influenza di questi ultimi. La sua origine e dunque stimata come anteriore al Vº secolo avanti Cristo. Si hanno di nuovo notizie a riguardo nel 150 dopo Cristo, quando i romani, avendo ucciso più di 80.000 sardi, lo conquistarono sotto la guida di Tiberio Sempronio Gracco. Isili divenne quindi regione romana e combatté al fianco della capitale del mondo contro i feudi vicini del Galillensi di Esterzili.
Quello che doveva contare un maggior numero di abitanti era, senza dubbio, la sopra detta “Bidda Beccia”: il toponimo vorrebbe indicare la vecchia Isili. Di questa città, della quale non si conosce un nome certo, è rimasto ben poco. L’insediamento era certamente importante vista sia le epigrafi dei cippi funerari, una delle quali porta il simbolo dell’ascia bipenne, sia la presenza di bagni pubblici, costruiti lungo il corso del fiume.
Forse era anche luogo di esilio di ebrei se è testimonianza valida l’epigrafe tombale che recita: “… JUDA VIX(it) AN(nis) VIII”. Precisamente, dal nome latino “Escilium” potrebbe essere derivato il toponimo Isili.
Nell’epoca medioevale, Isili inizialmente appartenne al Giudicato d’Arborea nella Parte Valenza. La prima attestazione scritta del nome Isili risale al 1324, quando il paese venne concesso in feudo a Berengario Carroz e da quel momento dovette sottostare a diversi signori. Infeudato poi, nel 1501, al ducato di Mandas, dovete pagare i diritti di vassallaggio ai Massa de Lisana, ai Massa Ladron, agli Hurtado de Mendoza, ai Massa de Alcantara, ai Marchesi Lopez de Zuniga ed infine ai Telles Gyron, tutti signori residenti in Spagna, da cui si riscattò nel giugno del 1841, in seguito alle legge sull’abolizione dei feudi.
Con editto del re Carlo Felice dell’otto dicembre 1821, Isili divenne capoluogo della Provincia omonima con sette mandamenti, 51 Comuni dipendenti per un complesso di 48.172 abitanti divisi in 9 ripartizioni: Isili, Barumini, Laconi, Mandas, Mogoro, Nurri, Lunamatrona, Seui e Senorbì. Fu quello un periodo florido: a Isili risiedevano un Intendente, un Provveditore degli studi ed una serie di uffici che influenzarono non poco la vita dei pastori e contadini di allora. Per legge del 23 Ottobre 1859 fu soppressa la provincia di Isili ed il comune rimase capoluogo di mandamento ed amministrativamente apparteneva alla provincia di Cagliari, da cui dista 69 Km di strada, aggregata nel giudiziario di Lanusei, da cui dista 100 Km.